miércoles, 21 de noviembre de 2012


MULTITUDINE E ORDINE GLOCAL:  

LA CONGIUNTURA DEL 19.

Miguel Angel Herrera Zgaib
Professore Associato, Unal. Colombia
                                              Lo stesso giorno in cui inizia la visita di un brillante intellettuale, che ha difeso le sue convinzioni “pagandone” le conseguenze con la carcere, il filosofo e militante politico Toni Negri, coautore della trilogia di Impero, Moltitudine e Commonwealth, Colombia ascolterà il verdetto in inglese della Corte Internazionale di Giustizia de La Haya con cui verrà finalmente risolto il contenzionso giuridico sulle acque marine e sottomarine con il Nicaragua.
L’ordine regionale sarà il piatto forte, servito da un’istituzione globale e la filosofia di Marx e Spinoza un ingrediente utile per pensare le attuali vicende del mondo con tutti i suoi conflitti presenti, da un auditorio della Universidad Nacional a Bogotá.
Però non accadrà solo questo, simultaneamente nello stesso giorno, in un altro luogo dei Caraibi a La Havana, cominceranno seriamente le conversazioni di pace tra il governo Santos e le FARC, secondo un agenda pattuita già dal passato mese di agosto,           che vedrà come lider della discussione Humberto de la Calle e Iván Márquez posizionati ai due angoli opposti dello spettro ideologico.
Insieme ai due delegati ci sarà la scomoda presenza di una guerrigliera internazionalista       secondo alcuni, Tanja Nijmeijer, nata nella stessa terra di Baruch Spinoza; mentre secondo altri, in particolare secondo la colonnista Salud Hernández, la vera Tanja è “una europea colonialista e idiota” ed ancora “la terrorista che scelse volontariamente il sentiero del crimine per imporre le proprie idee...”
La Corte de La Haya
La questione ha visto un primo recente episodio nell’anno 2007, quando la Corte Internazionale ha assunto la competenza dietro una petizione del Nicaragua, riconoscendo che il meridiano 82 non fissa confini tra i due paesi; allo stesso tempo ha riconosciuto la validità di altri aspetti del Trattato Esguerra-Bárcenas (1928) come il fatto che le isole di San Andrés, Providencia e Santa Catalina sono colombiane, però allo stesso rimane aperto fino a questo lunedì il contenzioso di sovranità su 7 isolotti, sui quali il Nicaragua mantiene delle pretese anteriori al Trattato Esguerra-Bárcenas del 1928.
Però, quanto verrà risolto questo 19 in materia di confini , dipende da quanto succeda con Quitasueños, che appare e sparisce a seconda delle stagioni, venendo ricoperto dal Mar dei Caraibi e da altre formazioni marine visibili che fanno parte dell’arcipelago e soprattutto da dove verranno tracciati i confini definitivi. Gli esperti colombiani, il proprio presidente Santos e l’ex cancelliere Londoño Paredes, studioso del tema da quaranta anni, sostengono che la decisione sarà favorevole a Colombia.
Gli agenti governativi sperano che l’esperienza dell’ex cancelliere Julio Londoño, James           Crawford e tutti gli intellettuali bipartisan che li assistono, che il confine venga tracciato tra la costa nicaraguense e la costa dell’arcipelago, mentre Nicaragua propende perché il tracciato finale sia tra le coste continentali dei due paesi. Nessuna delle due formule obbliga la Corte.
Di fatto, gli abitanti colombiani delle isole, in numero di 70.000, in ogni caso sono preoccupati di dover condividere la ricchezza ittica che dovrebbero dividere con Nicaragua, anche se di fatto imbarcazioni di tutte le nazionalità continuano a saccheggiare e sfruttare la zona proprio come i pirati inglesi ed olandesi erano soliti fare contro le flotte spagnole che navigavano tra Cartagena e La Havana.
Quale sarà il raccolto?
Senza dubbio, ciò che si raccoglierà adesso, fu seminato dal 1999, come risultato degli accordi tra il governo di Colombia e Honduras. Nicaragua comunicò che si chiudevano i dialoghi diretti. Adesso sarà la giustizia internazionale a risolvere il conflitto tra due paesi fratelli colpiti da più di duecento anni da un’oppressione coloniale e neocoloniale le cui ferite sono ancora aperte. Prima gli spagnoli, poi gli inglesi ed infine gli statunitensi dai tempi del presidente James Monroe, su cui ha scritto è stao scritto un saggio brillante dall’ex cancelliere liberale Indalecio Liévano Aguirre.
La stessa cosa continua ad accadere in Medio Oriente, lì sì in forma sanguinosa, dove due popoli sono divisi dagli interessi globali, che non permettono loro construire una vera convivenza. Anche là si giocano interessi neocoloniali, quelli degli Stati Uniti in questo caso e del rieletto presidente Obama, che avalla l’aggressione a Gaza, con più di 39 vittime accertate e la preparazione di una nuova occupazione punitiva con 70.000 effettivi israeliani, simile a quella realizzata nel 2008.
Stando così le cose, la cittadinanza glocale, il comune, non può restare sotto controllo delle rappresentanze, delle elites, per quanto illustrate possano apparire, per risolvere i problemi fondamentali della convivenza globale e locale.
  
Le conversazione di pace
Lo stesso accade con le conversazioni di pace a La Havana, circoscritte alle rappresentanze del governo e della guerriglia, mentre ciò che viene offerto al resto della Colombia, alla società organizzata come società civile, è una piattaforma su internet perché si possano seguire i dialoghi e far pervenire commenti e suggerimenti dall’esterno. In questo senso, non è la stessa cosa che fu fatta nel Caguán, quando il messaggio giungeva direttamente con i suoi portatori in carne ed ossa, che avevano cinque minuti per leggere le proprie diatribe, reclami e proposte in situ, seguiti da un’attenta opinione pubblica attraverso la televisione. In entrambi i casi, l’efficacia è la stessa, spettacolo senza alcun potere decisionale.
Senza dubbio, il 19 non saranno presenti a La Havana solo i “negoziatori”, quanto piuttosto la maggior parte dei 60 assessori divisi ugualmente tra le due parti in conflitto           e tutti quelli che hanno acquisito il visto del governo cubano per esserci in qualità di giornalisti, analisti, o rappresentanti delle mille e una ONG della variopinta geografia nazionale ed internazionale.
Con questo orizzonte riflessivo, decisionale ed incerto affrontiamo tutt@ il triplice evento del 19 novembre che copre simultaneamente La Haya, La Havana e Bogotá. Per le due circostanze conviene pensare in una diplomazia diretta e dal basso, con il protagonismo della cittadinanza di Colombia e Nicaragua in un esercizio costituente.
La questione dei confini

Così la questione dei confini e ciò che seguirà al verdetto avrà da un parte, uno sviluppo soddisfacente recuperando lo spirito e la materia di quanto esposto da Liévano           Aguirre nella sua opera “Bolivarismo e Monroismo”; e dall’altra, che la stessa cittadinanza riduca al massimo il gioco escludente della rappresentanza che praticano il governo e la guerriglia.
Per una volta ed in ogni caso il comune deve esigere un referendum su quanto si decida alla fine delle discussioni de La Havana per porre fine al conflitto armato con una delle parti, perché fino ad oggi l’incorporazione dell’ELN è stata scartata dall’esercizio bilaterale, così come la tregua immediata natalizia.
E chiaro, l’incontro con Antonio Negri all’Universidad Nacional, che inizierà il 19 e si estenderà fino al 21 di questo mese, le riflessioni che proponga e che dibattiremo in uno spazio accademico plurale e libero, contribuiranno a rafforzare un pensiero di rottura capace di fare i conti con le logiche che animano i processi imperiali e capitalisti del presente.
Ci aiuteranno a chiarire e non in modo esclusivo ed escludente, il ruolo definitivo delle moltitudini, del nuovo soggetto democratico emergente in America Latina e in Colombia, cercando di risolvere la divisione capitalista del lavoro tra privato e pubblico, per recuperare la dimensione e la potenza del comune, che fino ad ora le è stata sacrificata, revitalizzandola negli ambiti local, regionali e globali attraverso la auto-valorizzazione ed auto-organizzazione del lavoro nella sua pluralità di forme di esistenza del presente.



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